L’ascesa dei prezzi dello Zinco, iniziata a febbraio, è proseguita lentamente fino a metà aprile, per poi accelerare il passo da inizio maggio e superare, oggi, 3.063 $/Tonnellata, raggiungendo i massimi del giugno 2018.
In un contesto generale di aumento dei prezzi dei metalli di base, lo Zinco, pur non avendo ottenuto le stesse performance di rame, alluminio, nichel e stagno, ha però guadagnato il 7,7% rispetto a gennaio 2021, nonostante il settore dell’automotive, che da solo assorbe il 25% del consumo mondiale, stenti a riprendersi.
Ora che ha superato la barriera dei 3.000 $/Tonnellata, cosa può accadere? Questo è l’interrogativo che gli operatori si pongono. Continuerà l’ascesa, oppure l’attuale surplus di 350.000 tonnellate, stimato dall’ILZSG, sarà un freno?
Inoltre, c’è da segnalare l’entrata sulla scena dei Fondi Internazionali d’Investimento che si stanno interessando allo Zinco e ciò porta a due considerazioni: da un lato il forte impulso ai consumi di acciaio – settore che assorbe il 50% del consumo mondiale di Zinco – quale conseguenza degli enormi investimenti in infrastrutture previsti in gran parte del mondo, e dall’altro la necessità di fronteggiare i paventati effetti inflazionistici.
In questa ottica, l’attuale surplus stimato nel 2,3% del consumo mondiale può essere facilmente riassorbito e, anzi, ribaltato.
A quanto sopra potrebbe aggiungersi un altro effetto favorevole all’accelerazione se, come già avvenuto per il rame in Cina, i produttori cinesi si vedranno costretti a ridurre la produzione di Zinco a seguito delle basse spese di trasformazione dovute alla carenza di minerali.